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Narrazione FIGC, autarchia e assistenzialismo

2023-05-14 11:54

Daniele Lalli

Narrazione FIGC, autarchia e assistenzialismo

Ieri il Presidente Gravina alla Milano Football Week ha rilasciato queste dichiarazioni:“Oggi c'è voglia di scoprire un momento di grande gioia, dopo

Ieri il Presidente Gravina alla Milano Football Week ha rilasciato queste dichiarazioni:

Oggi c'è voglia di scoprire un momento di grande gioia, dopo momenti di grande dolore. So che Roberto vive momenti di difficoltà, per quelle che ha il calcio italiano nell'arrivare all'obiettivo del 70 per cento di convocabili nei club. Oggi siamo al 30 per cento. Lo dico perché, nell'esaltazione dei tifosi per le cinque squadre in semifinali, dobbiamo capire che l'equazione chi più spende più vince è saltata: e tante squadre stanno trovando grandissima soddisfazione grazie ai loro giovani".

 

Capiamo il giochino che sta facendo la FIGC sennò non se ne esce. Una federazione che da anni si è specializzata nel dire tutto il contrario di tutto operando indisturbata. Agevolata dalla quasi totale assenza di giornalisti impegnati in un serio fact cecking.

 

Il giochino è il seguente: il sistema non è in grado di far emergere grandi giocatori italiani e i vertici individuano la causa nell’ultimo gradino, il salto in prima squadra. Una sorta di buco nero, fatto di allenatori e dirigenti cattivoni, che intrappolano i giovani italiani non vedendo l’eclatante talento dei nuovi Totti e Maldini, impedendogli così di diventare campioni.

 

Tutto nasce dall’idea di avere grandi settori giovanili, quando invece, il nostro problema, è proprio questo asset. In breve, chi nutre giornalmente questa convinzione? Il club Italia con le sue nazionali giovanili. I Ranking U17 e U19 sono da anni i più alti della storia calcistica del nostro paese, eppure di grandi giocatori non vi è traccia. Già questo dovrebbe bastare per far calare il sipario sull’attendibilità dell’equazione nazionali giovanili forti = futuro roseo. L’unica certezza che danno questi risultati (ottenuti con una serie di stratagemmi: tutti dei primi mesi, tutti con maturità biologica avanzata, grande organizzazione collettiva…) sono le poltrone ben salde di chi li raggiunge. E state sereni che coloro che tengono le redini ne sono molto consapevoli. 

 

Questo cosa comporta? 1) Immobilismo, perché se la narrazione è: “i giovani sono dei fuoriclasse non visti dalle prime squadre”, allora non dobbiamo cambiare nulla. 2) sterili lamentele: “fateli giocare!”. 

 

In Italia non esiste nessun complotto contro gli italiani: lo scorso anno i nostri calciatori presentavano il 71% del minutaggio in Serie B. Ciò che si fa fatica a comprendere è che per la quasi totalità dei nostri calciatori, questo è il loro livello. Anche in Serie A, i giovani validi giocano da subito. 

 

Guardando poi agli attuali vincoli socioculturali del nostro Paese, si è presa una pericolosa deriva anche nel calcio, dove le massime cariche, in linea con i deliri etnici governativi, promuovono una sorta di assistenzialismo, una autarchia, tentando di importare lo slogan “Italia agli italiani”. Una riserva di posti (recentemente applicata alla nuova riforma Primavera) che però non potrà mai modificare una situazione in cui i valori si esprimono in campo e dove vige la meritocrazia del confronto agonistico. 

Sembra di rivivere profumi d’altri tempi, quando Mussolini con la stipulazione della Carta di Viareggio si impegnò nell’impedire alle squadre di tesserare calciatori non italiani, salvo poi rendersi conto che il basso livello dei calciatori nostrani portava a delusioni calcistiche, decidendo così di arruolare i grandi campioni sudamericani: gli oriundi, principalmente argentini…

Suona familiare?

 

Per i futuri medici, ingegneri, insegnanti lo sforzo è quello di apparire agli occhi di un possibile datore di lavoro, come una risorsa, ma non si sa perché per i giovani calciatori, questo ragionamento non vale. Va anche aggiunto che a Mancini poco importerebbe se gli italiani fossero tutti protagonisti in Premier o in Liga, ma a differenza dei propri pari medici o ingegneri, per i calciatori non si può parlare di fuga di cervelli. Perché i nostri calciatori a livello europeo non li vuole nessuno! All’estero si contano sulle dita di una mano.

 

Ogni volta che i vertici aprono bocca tentano a parole di evidenziare la presunta qualità dei nostri, senza mai un briciolo di dubbio o analisi critica, marchio di fabbrica, questo, di federazioni estere ben più evolute. Si arriva addirittura a sostenere cose che non hanno un briciolo di realtà solo per forzare la narrazione che con i giovani italiani raggiungi i traguardi, come ad esempio: “dobbiamo capire che l'equazione chi più spende più vince è saltata”. E' saltata? ma di cosa si sta parlando? Tutte le italiane in semifinale di Champions ed Europa League sono indebitate e Manchester City e Real sono sì i due club con i maggiori introiti in Europa, ma anche con spese da capogiro. Poi parlare di giovani in Italia è sempre una questione di stiracchiatura, per Crosetti su Repubblica, Gatti (25 anni) è il “cucciolo del calcio italiano”.

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